© archivio archos
L’impianto si genera da un punto (fuoco) individuato sull’area d’intervento quale incontro dei due assi urbani di riferimento che, ortogonali tra loro, identificano i flussi di penetrazione alla nuova area urbana dal sistema del verde previsto dal PGT e dall’area commerciale di nuova costruzione, imprimendo alla nuova porzione di città quelle regole generatrici di ordine, nella consapevolezza che l’architettura deve interagire lasciandoci liberi.
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La proposta architettonica è concepita da subito in tutta la sua interezza e complessità, ma il processo costruttivo individua sin dal progetto preliminare la possibilità di una sua attuazione in più fasi in funzione di una sua crescita nel tempo nelle quali l’investimento, non solo può diluirsi, ma essere più efficacemente condiviso con i fruitori e i gestori, attraverso una flessibilità funzionale e la modularità della maglia planimetrica e distributiva (generata da rapporti aurei) sulla quale è montata quella strutturale.
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Gli spazi d’uso infatti sono pensati come vere e proprie scatole prefabbricate da inserire a piacimento all’interno della maglia predefinita.
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La chiesa è un volume compatto che trascende la maglia strutturale dell’impianto parrocchiale e lo supera nelle tre direzioni. Ha un’altezza di 9,45 metri raggiunta mediante un coronamento superiore realizzato con lo stesso materiale del nartece: lamine di rame e ottone diversamente ossidate e vibranti alla luce che le attraversa. La luce è certamente il modo migliore per rappresentare Dio. Lo studio delle bucature soprattutto zenitali serve a guidare letteralmente la luce naturale lungo tutta la narrazione del rito liturgico nelle sue diverse espressioni.
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L’aula è costruita attorno alla celebrazione in atto, quasi dando solidità e forma all’azione rituale, perché all’interno di essa l’Assemblea celebrante vi trovi un elemento coerente che amplifica l’efficacia del rito, permettendo ai fedeli la actuosa participatio. I poli liturgici non sono arredi aggiunti, ma è attorno a essi che si organizza la composizione architettonica.
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I rimandi alla simbologia liturgica sono parte integrante della distribuzione planimetrica: il giardino a cielo aperto, interno alla chiesa, protetto da alti muri traforati in tufo ha molteplici funzioni: tessuto connettivo tra le due aule, filtro d’ingresso dal giardino interno all’aula feriale, conferisce effetti di luce da e verso l’esterno molto speciali, ma è anche la metafora dei tre giardini sacri: il giardino della Creazione; il giardino dell’Agonia, del Getsemani; il giardino della morte-sepoltura-risurrezione.
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Un arabesco-merletto urbano, di un millimetro di spessore in lamina di bronzo traforata, contenuto tra i due vetri antisfondamento della parete divisoria tra le due aule, rappresenta il punto di partenza: la città entra con il suo caos avvolgente nella chiesa.
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